23/11/2020

"Mono/Stereo" reviews

C'è un aspetto duale che ha guidato la mano di Lullabier alla creazione del nuovo album. Il titolo Mono/Stereo è una sorta di metafora che allude alla dicotomia isolamento/condivisione, fatta teatro di percorsi drammaturgici che si dispiegano fra i languori e gli umori della ballata lirica dai tempi dilatati. Un labirinto di scorci contemplativi che al desiderio giustappongono la nostalgia, all'inquietudine l'afflato vesperale, alla solitudine il deliquio. La scrittura è rapita come un oratorio di rivelazioni notturne e sussurrate; emblematica la presenza fra gli ospiti di Edgardo Moia Cellerino (Le Masque) per il brano Soliloquio, gemma fra le gemme di un disco malinconico e sognante (Rockerilla)

Mai troppa fretta in Lullabier nel completare i suoi concept sempre coerenti, basti dire che "Mono/Stereo" arriva a sei anni dall'ultima raccolta di inediti "Osservazione rilassamento e assenza di giudizio", che peraltro era un CDR in 84 esemplari. Resta "Fitoterapia" ('14) l'album che meglio ha illustrato la peculiare vena compositiva di Lullabier, eretta su fondamenta slowcore e sulla scelta della nostra lingua, con cui ha costruito una discografia degna di nota che non teme la marginalità. L'iniziale Puzzle (che tratta del tentativo di mettere insieme i pezzi) dimostra uno spostamento verso una dimensione più cantautorale, in un lavoro che tiene fede al suo sottotitolo ("ovvero dell'isolamento e della condivisione"), una sorta di precisazione che è vezzo esplicativo che vuole meglio introdurre anche ai singoli brani che alternativamente affrontano i due stati emotivi. Vascellari nei testi ha in buona parte smussato certe spigolosità, da rimarcare la ballata di più chiara impronta folk Sedici (in cui si narra un episodio del passato), Indagine (in cui viene affrontato un tipo particolare di egoismo), che nelle liriche sottolinea l'ineluttabilità della solitudine ("se spossato rincaso indaghi sul mio viso, sospetti inquietudine nascosta in un sorriso, vuoi che condivida ogni ombra muta ma la malinconia è solo mia"), Sipario (che idealmente giunge ad una conclusione ("il rogo ha bruciato il tetto, ma almeno vedo le stelle che come un caldo lenzuolo si adagiano sulle spalle, nell'aria si dissolverà la poesia"), e soprattutto Trifoglio (che utilizza un motivo ricorrente nella poesia crepuscolare), che col suo "ripenso al giardino di fiori non colti, di vite accennate, di cose mai state" è strettamente collegata a Soliloquio (che andrebbe ascoltata prima di "Colloquio" dei Lei Masque), con la voce di Edgardo Moia Cellerino e il testo che è, come il pezzo della suddetta formazione milanese, tratto da "Un Giorno" di Carlo Vallini. (Blow Up)

Musica terapeutica, litanie acustiche, languidi riverberi, arpeggi sonnambuli. Non c’è modo migliore per inquadrare la produzione del cantautore veneto Lullabier – al secolo Andrea Vascellari – che la definizione che lui stesso ne dà. Andrea, almeno per quel che concerne il panorama musicale nostrano, è unico nel suo genere: non esiste infatti un altro slowcore-songwriter. L’ultimo lavoro a firma Lullabier, “Lost In Translation”, risale al 2016, ma era un disco di pezzi stranieri già editi e tradotti per l’occasione da diversi addetti ai lavori che collaborarono al disco. Qui siamo di fronte ad un vero long di inediti, espresso in forma di concept-album come i precedenti “Fitoterapia” (2012) e “Osservazioni rilassamento e assenza di giudizio” (2014). Sempre alla ricerca del cantautorato più minimale e – per questo motivo – d’impatto immediato, “Mono / Stereo” presenta un punto di rottura abbastanza evidente rispetto al recente passato, di natura prettamente musicale: meno folk, decisamente più acustica, un plus non da poco se si parla di concept. Andrea ha impiegato circa 5 anni, come lui stesso dice presentando il disco, a raggiungere questo equilibrio sonoro, frutto soprattutto dell’assemblaggio della musica e delle idee che in questo lustro hanno silenziosamente lavorato nella sua testa. Il filo conduttore dell’album è la contrapposizione tra isolamento e condivisione, un’alternanza sia concettuale che fisica, visto che una scelta stilistica ben precisa ha assegnato le tracce dispari al primo e quelle pari al secondo. Inutile ribadire, come fatto per tanti altri artisti usciti in questo periodo, quanto sia pertinente in questo periodo parlare di solitudine e di compagnia ritrovata. La struttura musicale poggia su basi semplici ma eterne: chitarra acustica, voce e pochi elementi intorno, che si alternano in vesti diverse e donano una convincente quadratura ai singoli pezzi e al disco nel suo insieme. Si parte con Puzzle, dove Andrea Da Ros si inserisce subito in modo preciso con la sua chitarra elettrica, creando una serie di suoni che fanno da tappeto al resto. In Sedici compare un pianoforte, in un finale in cui lo slow rallenta ulteriormente, fino quasi a fermarsi. Con Trifoglio sale di nuovo alla ribalta Da Ros, che tocca corde in grado di generare quasi voci in appoggio a quella di Vascellari. L’unico accenno di cassa si ha con Indagine, mentre Soliloquio è – grazie alla voce recitante di Edgardo Moia Cellerino dei leggendari Le Masque – un omaggio al poeta Carlo Vallini. Un omaggio ulteriore, perché Vallini era già stato celebrato dal duo Cellerino / Vascellari in “Soundtracks” (2019), disco del gruppo milanese pubblicato dalla stessa Oltrelanebbiailmare. Via del tutto l’elettricità, con Notturni alla chitarra acustica se ne affianca una classica, mentre il piano torna a fare capolino in O. O. B. E., unico pezzo in cui lo slow core accelera leggermente le battute. Le sei corde tornano ad elettrificarsi e a stendere una languida prateria intorno al binomio voce / chitarra acustica nelle conclusive Specchio e Sipario. Andrea dice di essere molto soddisfatto del lavoro svolto. Sente che le chitarre insieme hanno lavorato bene, che i suoi testi godono di una convinzione maturata in una lunga fase di studio e di esperienze e che, nel mezzo, la collaborazione con Cellerino ha dato i frutti sperati. C’è da essere d’accordo su tutta la linea: “Mono / Stereo” è un lavoro riuscito, dalle intenzioni alla messa in pratica. Gode di ottima produzione, di idee di fondo sostanzialmente valide e della capacità di essere sempre in carreggiata, senza mai dare l’impressione di perdere mordente o voler strafare. Peraltro, gli amanti del collezionismo saranno lieti di sapere che Oltrelanebbiailmare ha curato l’uscita di un compact disc in edizione limitata di 200 copie, con triplo digisleeve e sovracopertina in carta da lucido, con artwork curato da Stefano Gentile. Ad Andrea Vascellari come artista, nel 2020, va riconosciuto il merito di aver intrapreso una strada – ormai dieci anni fa – e di non averla più lasciata, mettendo nel frattempo a segno colpi di ottima fattura. (Impatto Sonoro)

Chiudete gli occhi e lasciatevi incantare da questo mondo intimo e splendente fatto di ninnananne ipnotiche, suoni galleggianti, parole lunari. Mono/Stereo di Lullabier è uscito a maggio ma la qualità davvero rara di quest’uscita indipendente impone di scriverne anche a distanza di qualche mese. Lunghissima la gestazione, a quanto racconta lo stesso Andrea Vascellari, anima del progetto: cinque anni di auto-produzione sono serviti per arrivare al nitore perfetto di queste nove tracce. Basterebbe questo, in un’epoca in cui tutti gli artisti cedono al consumismo dei singoli, per capire che un po’ di attenzione la merita. Cinque anni, eppure sono pochissimi gli strumenti in gioco: la voce doppiata, l’acustica che tiene gli accordi o arpeggia, il piano ultra minimal o l’elettrica che rintocca o geme in lontananza. Verrebbe da citare anche il riverbero, vista l’importanza che assume nel trasformare ogni canzone in un paesaggio sonoro simile alle cose che si vedono in un dolce dormiveglia. Davvero, può valere la massima che la semplicità è complessità risolta. La stasi estatica dello slowcore, la qualità onirica del dream pop, la dolcezza intima dell’indie folk: lungo la tracklist ogni minimo elemento appare perfettamente cesellato ed integrato in un insieme organico, con eleganza e consapevolezza artistica. La tracklist scorre con un ritmo lento ma perfetto, alternando il tema dell’isolamento (tracce dispari) a quello della condivisione (pari). Meritano una menzione i testi, che sono né più né meno che piccole poesie. La label Oltrelanebbiailmare ha curato di Mono/Stereo un’edizione limitata di 200 copie in CD, con triplo digisleeve e sovracopertina in carta da lucido. Questi sono i progetti da sostenere, facciamolo! (Sherwood)

Lullabier take their time in that time-honored slowcore tradition with the soothing “Mono/Stereo”. Everything about it possesses a lovely, dreamy disposition. Arrangements keep things to the essentials. The tracks offer a bit of intimacy for the group engages in some soothing interplay. By allowing such a simple beauty to take hold, they at times touch upon the grace of early Low records. Similar to those albums, they make sure that the whole is greater than the sum of parts. Not a moment is wasted for they make sure that each flourish counts. Right in the very center of it all are those gorgeous vocals that sing with so much contemplation. A gentle introduction into their world happens with the tender opener “Puzzle”. Delicate acoustic guitars weave together on the hopeful spirit of “Sixteen”. Their voices have such a careful approach for every word is weighted with so much importance. Surreal in its textures is the half-remembered dream of “Clover”. Careful work gives “Survey” an element of shoegaze to it for it wafts up into the sky. Easily the highlight of the album comes from the spacious serene scope of “Soliloquy” with its expertly meditative mood. With hints of folk comes the pleasant “Night”. An insistent beating heart lets “O.O.B.E.” shine through for the pulse gives it a sense of life. Bits of a jazzy disposition comes into focus with “Mirror”. Effortlessly closing out the entire album is the powerful “Curtain”. “Mono/Stereo” shows off the undeniable skill of Lullabier in crafting an aural universe that is uniquely their own. (Beach sloth)